Siamo la generazione del conflitto
Siamo la generazione che ha in mano le sorti del mondo e non se ne accorge. Sì, noi nati fra il '95 e il 2010, figli del nuovo millennio, generazione digitale nati e cresciuti in sinergia con la tecnologia. Abbiamo passato la nostra fase di crescita attorniati dalla parola "crisi", da una preoccupazione generale e perenne legata al futuro e ai problemi che genererà. Figli della flessibilità lavorativa e dei social network, dell'epoca con le più grandi possibilità della storia e anche il periodo storico più liquido e incerto. Siamo nati e cresciuti nell'incertezza e abbiamo imparato a conviverci. Certamente tale condizione è stata pagata a duro prezzo, e lo dimostra il fatto che siamo anche la generazione con il più alto tasso di problematiche psicofisiche e relazionali. Siamo i primi nativi di una nuova era che ha quasi reciso ogni contatto con il 900, dal 1995 al 2020 il mondo è cambiato ad una velocità supersonica, il ritmo della storia cresce esponenzialmente e ciò rende anacronistici quasi tutti i sistemi e i processi che hanno anche solo 40 anni.
Eppure rifiutiamo di vederlo. E oggi che i più grandi di noi hanno 25/26 anni in molti continuiamo a non accettare il fatto che abbiamo una voce, e che questa voce deve essere presa in considerazione, soprattutto oggi. E non parlo dei seminari, dei progetti, delle convention in cui viene data la parola ai giovani, non parlo dei maledetti tirocini, delle scuole sforna impiegati, delle giovanili politiche che oggi sono solamente contenitori inadeguati a contenere un fermento e che limitano un'energia che dovrebbe espandersi in ogni centro di potere, in ogni luogo in cui si decide qualcosa che abbia a che fare con la società e i suoi componenti. Abbiamo un fermento represso a mio parere, un urlo di vigore che giace silenzioso nei nostri animi, abbiamo paura di comprometterci, di fare un passo falso, di essere spazzati via da non so quale nemico immaginario, abbiamo paura di essere accettati come in parte diversi da coloro che ci hanno preceduto, di essere nuovi, postmoderni, di essere il futuro.
E tutta questa paura è rappresentata perfettamente dal vuoto politico che la nostra generazione lascia allo stato italiano, all'Europa, al mondo. Non c'è alcun rappresentante parlamentare che abbia l'età della nostra generazione e nemmeno alcun personaggio politico pubblico che ne faccia parte. Lasciamo che i nostri destini e le decisioni cruciali del mondo siano in mano a persone che ci conoscono poco, quando non è scritto in nessuna legge che i giovani non possano e anzi non debbano avere potere politico. Non dobbiamo rifiutare la politica, non posso che essere perentorio in questa mia affermazione, dobbiamo riappropriarci di una visione politica che sappia essere soluzione ai problemi che noi tutti viviamo, dobbiamo riappropriarci della passione politica, di quella particolare forma mentis che ti permette di analizzare la società in maniera sistemica, che permette di considerarci tutti parti dello stesso mondo. Che è un modo virtuoso e affascinante con cui spendere la vita. Vogliamo davvero negarci tutto questo? La possibilità di decidere, di far contare la nostra voce là dove quella voce e quelle idee possono diventare concrete davvero? E non dobbiamo avere paura, del cattivo esempio che la politica ci ha lasciato perché la delegittimazione politica è l'arma che si usa per far tacere una voce critica, perché distruggere la politica permette di creare le condizioni sociali per far sì che pochi individui possano acquisire gran parte del potere. E non si tratta di alcuna teoria del complotto, semplicemente se la gestione della società non è partecipata, se si delega e ci si disinteressa le scelte verranno prese senza
tener conto di noi. Allora condanniamo ogni esempio e ogni tipologia di uso indegno della politica, di ogni corruzione. Urliamo a gran voce che quei comportamenti infami non sono della politica, ma di uomini e donne spregevoli che della politica non conoscono nulla. La politica è prendersi cura delle cose, con amore, speranza e passione. Perché è giusto, perché è bello, perché è poetico ed entusiasmante, perché dà un significato allo stare al mondo, ovunque si pratichi, sia associazione o parlamento, sia casa o lavoro. La politica è prendersi cura del sistema e di tutto ciò che ne fa parte e noi, generazione Z, non possiamo rifiutarci di entrare in gioco e in azione. Tutti siamo dei politici, dobbiamo solo guardarci allo specchio e prendere tale responsabilità. I più piccoli fra noi lo hanno già dimostrato, Fridays for Future è l'esempio di cosa può fare questa generazione, che ha competenze e talenti che nessun'altra può eguagliare, siamo istruiti, siamo consapevoli delle dinamiche che ci accomunano, viviamo gli stessi problemi, chi più chi meno, ma non siamo divisi da barriere ideologiche o culturali come lo erano i nostri nonni, non siamo così economico-centrici come i nostri genitori. Abbiamo potenziale accesso alle stesse informazioni, sappiamo comunicare bene eppure non parliamo, temiamo di urlare le nostre idee e le nostre visioni.
Abbiamo paura? Ma la paura si sconfigge con coraggio perché i tempi sono maturi, perché le possibilità ci sono, perché le volontà e le necessità anche. La storia ci sta da tempo chiedendo di dare il nostro contributo e la nostra risposta dovrà essere necessariamente un sonoro: SÌ, LO VOGLIO. Senza paura, con speranza e concretezza, con organizzazione e impegno, con ascolto e visione e con coraggio. Il coraggio di essere non solo i giovani, ma gli uomini e le donne del futuro.